Il D. Lgs. n. 220/2023 attuativo della Delega Fiscale (L. 111/2023) in tema di contenzioso tributario, ha previsto una novità importante anche in tema di istituti deflattivi del contenzioso. Viene, infatti, abrogato l’art. 17-bis del D. Lgs. 546/92 inerente al reclamo/mediazione e rafforzato l’istituto della conciliazione tributaria, ora esperibile anche nel corso del giudizio di legittimità innanzi alla Suprema Corte.

  1. Mediazione/Reclamo

L’art. 17-bis del D. Lgs. 546/92, ratione temporis, imponeva al contribuente di avanzare ricorso con effetti di reclamo per quelle controversie che non superassero un valore di € 50.000,00. La parte, pertanto, era onerata di predisporre apposita istanza che determinava la non procedibilità del ricorso prima dei novanta giorni necessari alla fase di mediazione, con obbligo della Corte adita di rinviare l’eventuale trattazione del merito qualora non fosse stata esperita tale attività preventiva.

Il D. Lgs n. 220/2023 in G.U. dal 03 Gennaio 2024, invece, fa un dietro-frònt, abrogando l’istituto e legittimando il contribuente a costituirsi entro trenta giorni dalla notifica del ricorso, anche per le controversie di valore inferiore ad € 50.000,00.

Non è più prevista, pertanto, la fase di mediazione.

La ratio di tale previsione normativa è rinvenibile sicuramente nella bassissima percentuale di procedimenti definiti in mediazione dalla entrata in vigore dell’istituto e dalla inesistenza, nel rito tributario, di un mediatore super partes.

Ed infatti, a differenza del rito civile, ove il D. Lgs. 28/2010 istituisce la figura del mediatore professionale con i requisiti specifici di cui all’art. 4 del D.M. 180/2010 prevedendo organismi di mediazione accreditati presso il Ministero della Giustizia, per il rito tributario la mediazione è stata prevista ed utilizzata, fino a sua abrogazione, con una certa aleatorietà: non è stata mai concepita la figura del mediatore tributario ed i reclami venivano esaminati dallo stesso funzionario dell’ente che emette l’atto impositivo.

Dunque un iter, quello della mediazione tributaria, completamente discrezionale e poco incline alle ragioni dell’istituto proteso a raggiungere una soluzione stragiudiziale della controversia, atteso che il mediatore tributario è in sostanza rappresentato dal funzionario-rappresentante dell’Amministrazione finanziaria, parte nel processo, a cui viene indirizzato il reclamo.

Pertanto, sarebbe stato auspicabile, in luogo dell’avvenuta abrogazione della disciplina, che il Legislatore avesse previsto, al contrario e magari, l’istituzione della figura di un vero e proprio mediatore (come esistente nel rito civile) e degli istituti di mediazione accreditati anche per il rito tributario, accrescendo così, dal punto di vista dell’efficacia e dell’imparzialità, gli effetti deflattivi della mediazione.

A parere dello scrivente, abbiamo fatto un passo avanti e due indietro.

  1. Conciliazione

Il D. Lgs. n. 220/2023 mette mano anche all’istituto della conciliazione giudiziale, che già aveva subito parziale innovazione per opera della L. 130/2022.

Gli artt. 48 e ss. sulla conciliazione subiscono parziale riforma, prevedendo che l’istituto si applichi “anche alle controversie pendenti davanti alla Corte di Cassazione” (cfr. novellato comma 4-bis art. 48 D. Lgs 546/92).

La proposta di conciliazione può essere formulata d’ufficio dalla Corte, tenendo conto della sussistenza di precedenti giurisprudenziali in merito all’oggetto del giudizio.

Se la proposta di conciliazione è formulata fuori udienza, è comunicata alle parti; se invece è formulata in udienza, viene comunicata alle parti non comparse mediante fissazione di una nuova udienza.

Nel caso si perfezioni l’accordo conciliativo durante il giudizio di Cassazione, il beneficio consiste nel pagamento della sanzione nella misura del  sessanta percento del minimo previsto dalla Legge.

Dunque, per quanto si accolga con estremo favore la possibilità, d’ora in poi, di conciliare il giudizio di terzo grado, non può dirsi altrettanto per l’abrogazione dell’art. 17-bis del D. Lgs. 546/92, che si traduce in un ingiustificato sacrificio dei mezzi a disposizione per deflazionare il contenzioso.

Ce l’hanno venduta come “La Grande Riforma”, come quella avvenuta negli anni ’70 e, pertanto, ci si poteva aspettare qualcosa di più.